Il fatto di avere una personalità forte è stata la mia “rovina”, perché quasi nessuno mi credeva. Perché sono una sopravvissuta che non sembra una sopravvissuta.

Le uniche persone a me vicine in grado di empatizzare e capire davvero quello che stavo passando non mi hanno poi aiutata, non mi sono state vicino perché essendo una persona forte davano per scontato che ce l’avrei fatta da sola e non avevo bisogno di nessuno. Si, è corretto. Ce la potevo fare da sola, io credo che tutte ce la possiamo fare da sole. Ma essendo degli esseri umani con le nostre debolezze e un bisogno di socialità e appartenenza aiuterebbe avere una presenza esterna di supporto con cui aprirsi, fare rete, sentirsi al sicuro e non sole e isolate.
Se hai letto il mio libro AMA TE STESSA– che è omonimo del podcast– conosci già un pezzettino della mia storia. Quando avevo 16 anni la mia prima relazione di sempre è stata con un soggetto che nel tempo ha agito ogni tipo di violenza all’interno della coppia. È durata 8 anni. Per cominciare pongo a me stessa la domanda che ho fatto a tutte le ragazze protagoniste degli episodi precedenti del podcast: chi ero io prima di entrare in quella relazione?
Io ero già Grace, incoraggiavo le amiche a chiamarmi così già dalle scuole superiori. Ma, il mio nome all’anagrafe è lo stesso della mia magnifica e bellissima nonnina, Grazia. Detto ciò chi era Grace a 16 anni? Ero una ragazza spensierata e sempre sorridente. Giocavo a pallavolo, facevo teatro, pattinavo, avevo uno scooter booster giallo mezzo rotto ereditato da mio fratello, andavo in giro senza casco, mi divertivo molto e tra le altre cose riuscivo anche a studiare. Non mi mancava niente. Non cercavo l’amore. Mi godevo la leggerezza di quegli anni.
Una domenica pomeriggio un dolce amico di scuola (che purtroppo da un paio d’anni non c’è più in questo mondo) invita me e un’amica a passare il pomeriggio sul lungomare. Quando arriviamo lo troviamo a chiaccherare con un altro ragazzo, che aveva la faccia tipica del bravo ragazzino di paese. È cominciato tutto per caso, ahimé. Non ricordo quale fu il primo appuntamento e come andò. Ma ho un fotogramma indelebile nella mia testa che nessun vuoto di memoria potrà mai cancellare.
Un pomeriggio mi accompagnò sotto casa, scesi dal suo scooter e gli dissi “la vita e è mia e me la gestisco io”. Volevo già lasciarlo. Era passata solo una settimana dal nostro primo incontro. Mi aveva detto qualcosa che non mi stava bene, non ricordo più cosa. So solo che il mio istinto mi fece avere quella reazione decisa e convinta, pronunciando quelle parole : “la vita è mia e ma la gestisco io”. Poi il suo comportamento cambia e mi illudo che ricominciare a frequentarlo sarebbe stato diverso. Inutile dire che non è andata così.
Non gli andava mai bene niente e trovava sempre un motivo per lamentarsi degli altri e della vita, a 16 anni. Sempre di cattivo umore quando eravamo in compagnia degli altri. Le mie amiche non gli andavano a genio, non gli andavano bene le mie passioni, mi chiese addirittura di non andare più alle lezioni di teatro. Per fortuna non lo ascoltai. Le bandiere rosse diventavano sempre più grandi e i segnali d’allarme assordanti ma io non sentivo e non vedevo. Era il mio primo fidanzato, avevo 16 anni e correva l’anno 1999 se non erro. Una vita fa ragazze. Non sapevo cosa significasse il controllo coercitivo, la violenza psicologica, la manipolazione. Mi fidavo di tutti a prescindere perché credevo che nel mondo ci fossero solo persone buone
Le persone che mi circondavano…che stavano messe peggio di me. Le mie amiche non risparmiavano lodi e complimenti a quel bravo ragazzo che era pure carino. Era diventato loro amico. Lui invece non risparmiava brutte parole per loro, quando stava con me. E un po´alla volta riuscì ad allontanarmi da loro e in pochi anni ad isolarmi completamente. “Fammi uno squillo dal telefono di casa quando torni” ed io lo facevo, anche perché le mie amiche facevano la stessa cosa ed era considerata normale tra le coppiette di adolescenti.
Mi teneva al telefono fine a notte fonda, quasi tutti i giorni, scatenando discussioni o litigi, mi convinse a non usare più il perizoma, scelse la mia stessa città per studiare all’università perché diceva di amarmi. Oggi so che questo è controllo. A quei tempi, non lo potevo sapere. Si piazzava nel mio appartamento a Napoli e ci restava giorni o settimane, ogni volta con una scusa diversa.
Ed Io, Oltre a farmi il mazzo sui miei libri per gli esami miei lo aiutavo anche a preparasi l’esame di chimica e analisi 1. Con la nuova vita universitaria cominciò a sfoggiare nuove tecniche di manipolazione, triangolava in lungo e in largo con una delle mie coinquiline e una nuova amicizia fatta all’università. Non so come, non so quando di preciso.
Arrivò il momento in cui si rivelò nella sua totalità per quello che era: una feccia umana. Un rifiuto dell’umanità. Uso queste parole forti con tanto rispetto eh. Se segui i miei progetti da un po’, sai che chiamo le cose con il loro nome perché le parole sono importanti. E così arrivò la spinta, poi le mani al collo, uno schiaffo e poi tutto il resto. Sempre in zone nascoste del corpo, mai quelle visibili. A dimostrazione del fatto che questi soggetti sanno quello che fanno e lo fanno con un’intenzione precisa. Hanno lucidità. Non c’è raptus o impulso alcuno.
La violenza è una scelta. (Ricordatevelo sempre ragazze.)
Lui con la violenza voleva ristabilire il potere e il controllo che stava perdendo su di me. Io infatti mi stavo rifacendo una vita che mi entusiasmava molto, ero già stata in Cina due settimane, la mia carriera universitaria brillava. Avevo la media del 29 ed ero in regola con gli esami.
Tutto questo non gli andava giù. E neanche a me andava più giù lui. Provai a lasciarlo, non mi dava pace. Diceva che si sarebbe suicidato se lo avessi fatto ed io come una scema restai.
Se ti stai chiedendo che fine abbia fatto, sappi che è ancora vivo. Le minacce di suicidio sono l’ultima carta che si gioca chi non ha una briciola di amor proprio e di auto rispetto. Alla fine restai, a quei tempi avevo paura che potesse fare davvero una cosa del genere. Passarono altri due, tre anni. Non so se le cose peggiorarono ancora, non lo ricordo.
Alla fine fui costretta a lasciare un meraviglioso appartamentino ai piedi dell’università e tornare dai miei in Basilicata l’ultimo anno della magistrale per levarmelo dai piedi. Ero sfinita, stanca e sola. Mi aveva fatto fare terra bruciata attorno a me e non avevo né voglia di uscire né qualcuno con cui farlo. Passavo le mie giornate a studiare e a preparare la tesi. Nonostante i suoi continui tentativi falliti di ritorni, sono riuscita a restare sui miei passi. Mi sono laureata, mi sono trasferita a Pechino, ho vissuti i 5 anni più pieni e più belli della mia vita.
Credevo tutto fosse finito e che non esistesse qualcosa di più brutto di quello che avevo vissuto. Lascio la Cina nel 2015, torno a vivere in Europa. I primi mesi mi fermo in Italia al nord. Sento con tutta me stessa che è arrivato il momento di dedicarmi alla mia missione di vita: se hai letto il mio libro sai già qual è.
Cerco un’associazione che aiuta le donne intrappolate in relazioni violente e la trovo ma durante un incontro, una delle organizzatrici – dopo aver raccontato la mia storia mi guarda dall’alto verso il basso, osservando con attenzione il mio tacco 14 e il cappottino color petrolio e dice “eh, vabbé dipende anche dalla gravità della violenza”.
Quella frase fu l’incipit del capitolo successivo della mia vita che potrei intitolare: cancellazione dell’abuso. Eh si, perché nell’immaginario collettivo le donne che vivono violenze sono solo quelle accovacciate, con un occhio nero e rassegnate alla vita. Destinate a restare vittime. Se non hai lividi ben visibili non sei marchiata abbastanza dal dolore, non sei credibile. Non sembri abbastanza vittima. Non sei una sopravvissuta a tutti gli effetti.
Perché hai ripreso in mano la tua vita, non soffri abbastanza, sei troppo curata, stai troppo bene per poter essere creduta.Dove si è mai visto che una donna che ha subito violenze prende e parte per la Cina? Rinascere diventa una colpa.Riprenderti la gioia di vivere e ridiventare padrona indiscussa della tua vita non è contemplato dalla società. Se sei stata una vittima di violenza devi mostrarti vittima e, se possibile, restare in questo ruolo. Si fa fatica ad accettare la verità che non tutte le sopravvissute alla violenza sembrino sopravvissute. Io sono una di queste. Una sopravvissuta che non sembra sopravvissuta. O vittima che non sembra vittima. Prendendo in prestito parole di uso comune (che detesto).
Domanda di Daniela: “Quanto sei cambiata rispetto a quella che eri all’epoca dell’abuso?”
Sono sempre la stessa ma non sono più io. Nel senso che i valori della mia vita sono gli stessi, l’onestà, il rispetto, l’integrità morale, la famiglia. Ma oggi sono un’altra. Quella Grace lì non esiste più. E a me va bene così. Mi piacevo allora e mi piaccio anche adesso. Punto.
Domanda di Luvi: “ Qual è stato il momento in cui hai deciso di aprire la page?”
È stata una decisione presa su più livelli. Ma la scintilla è nata dopo aver letto un trafiletto di un blog di una giornalista. Aveva raccontato la sua storia di violenza in termini semplicissimi e mi fece balzare dalla sedia. In poche righe le dinamiche abusive della mia storia mi sembravano più chiare e non mi sentivo più sola né matta per quello che avevo vissuto. Ho capito in quell’istante che raccontando la mia storia avrei potuto ispirare anche tante donne aiutandole a rinascere. Così ho ideato il progetto Happiness Beyond Silence e il libro AMA TE STESSA.
Con questa domanda chiudo la puntata, spero sia stata di ispirazione per voi ragazze. Grazie di cuore per avermi ascoltata. Grazie per essere al mio fianco da anni. Vi voglio bene.
Ciao Grace
Cosa ha fatto si che tu ti lasciassi coinvolgere da questo ragazzo manipolatore? Pensi educazione o carattere…
Ciao Sara,
perdonami se ti rispondo in ritardo, stiamo facendo il re-branding di questo progetto e mi sono sfuggiti i commenti nuovi. E’ un’ottima domanda. Credo al 90% il carattere. Mi sono sempre fidata di tutti a prescindere. Non credevo esistessero persone cattive che sembrano buone e amorevoli. Ero ignorante su tutte queste tematiche della violenza e degli abusi.
Ti invito a leggere questo articolo che riporta uno studio sui due tratti di personalità che aprono le porte alle personalità manipolatorie: http://happinessbeyondsilence.it/potresti-non-essere-co-dipendente/
Un caro saluto,
Grace